“ Mi tuffai sotto una nube di schiuma, appena la vista mi si schiarì, vidi innumerevoli pesci…..L’aspetto stupefacente di quella scena era che potevo, dall’alto di coralli sporgenti, guardare su un gradino senza fondo. Era come se l’isola nuotasse liberamente nel mare” così scriveva Hans Hass.
Vi arriviamo oggi, 3 ottobre, non da pionieri, con tutt’altro comfort ovviamente, ma la solitudine e assenza di altre barche crea e alimenta ugualmente l’illusione dell’avventura.
Giungiamo ad Angarosh, alla mitica “madre degli squali” attorno le undici del mattino, pronti per la seconda immersione della giornata. Abbiamo navigato tutta la notte partendo da Sanganeb e fatto all’alba la prima immersione a Qita el Banna. Ci troviamo circa a 75 miglia a Nord di Porto Sudan.
Fernando, durante il breefing, avvisa tutti di non farsi troppe illusioni, la temperatura dell’acqua è 31°, veramente ancora troppo calda per gli avvistamenti.
Dal gommone Fernado, prima ancor di arrivare a bordo, si sbraccia vittorioso e fa segno di quanto era grosso…
Siamo contenti anche se la giornata e la settimana si preannunciano ventose.
Un segno positivo e necessario per gli avvistamenti anche se non sempre gradevole: è aumentata la corrente che era stata assente la settimana precedente.
La vista dalle finestre del salone è bellissima, l’isola di sabbia e corallo è dorata nel sole, pare un gioiello incastonato nel blu. Siamo ancora soli in mezzo al mare tutto per noi.
Sherazade rimane ridossata nei pochi metri di bonaccia vicino alla barriera, e, allo stesso tempo, rimane scostata dal reef spinta dal vento che soffia al suo traverso. Angarosh non consente ormeggi con ancora, perchè le pareti scendono immediatamente ripide e profonde.
Tempi diversi, ma stessa passione per gli avvistamenti degli squali, sete di natura, spazi e bellezza, soprattutto stessa ricerca di emozione, e, poiché giungere in Sudan è tutt’oggi non così facile, stessa avventurosa meta.
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