Potete leggere una bella cronaca, dettagliata ed esauriente della storia di Sawakin sul sito della Compagnia del mar Rosso: http://www.mar-rosso.it/pagina_01_128.html.
Risale invece ad ottobre 2011 un articolo di Repubblica viaggi, che dava notizia, quanto mai gradita, di un progetto di ricostruzione della città:
http://viaggi.repubblica.it/multimedia/il-sudan-rilancia-suakin-antico-crocevia-sul-mar-rosso/30809975/1/1Le vecchie foto in bianco e nero, ci danno il sapore di un passato che in generale non è facile cogliere in Sudan a meno che non ci si rechi a Khartoum o in qualche villaggio del lungo Nilo.
Chi è stato in Sudan conosce l’antico porto e ne ha letto la storia. Ha
passeggiato fra le rovine cercando d’immaginare quando, ai tempi d’oro, un
crocevia di razze, mercanti e velieri animavano il canale e la rotonda penisola
fra eleganti palazzi, masharabiye e portoni in legno pregiato. L’abbandono
avvenuto lento e inesorabile, culminato con la realizzazione del porto di
P.Sudan, la mancanza di abitanti e quindi di manutenzione, le intemperie, la
pioggia e il vento, hanno corroso e sgretolato ogni cosa. Tanto che ultimamente
ho sempre sconsigliato ai miei ospiti di recarvisi in gita prima di
ripartire per l’Europa, per evitare una cocente delusione. Entusiasmo e
fantasia non erano più sufficienti ad illudere e velare quello che era in
realtà distruzione completa.
L’ultima volta che sono passata a Sawakin, mi sono soffermata oltre la baia
a sud, in modo che la maggiore lontananza possibile fra me e la città
disegnasse solo contorni stagliati nel cielo azzurro, così da suggerire ancora
qualcosa.
Ecco che la notizia dei restauri ha incoraggiato una positiva aspettativa
e, ritornati in Sudan, alla prima occasione ci siamo recati sul posto per
vedere i lavori un giorno di Novembre 2012.
Sono rimasta un po’ sorpresa. I restauri non sembrano restauri come si
deduceva dalle foto dell’articolo, sembrano piuttosto costruzioni moderne in
stile mediterraneo-turco. Questa impressione sembra confermata sia dai lavori
di muratura, sia da grandi cartelloni che riportano disegni, piantine e
progetti. Sarà necessario aspettare e vedere come verranno ultimati...
La prima reazione è stata di delusione e disillusione. La successiva di
consapevolezza: quel mondo antico è definitivamente sparito. Di perdita, poiché
siamo educati ad abitare, apprezzare, proteggere ed ammirare il passato e
le radici nostre e altrui. Di rassegnazione e sconfitta poiché nulla può
fermare il progresso e, evidentemente, interessi economici. Bastava forse non
chiamarli restauri, consapevolmente considerando la rovina totale e il recupero
quasi impossibili, forse troppo dispendiosi.
Degli antichi pionieri, degli scopritori degli alisei, degli importatori di
merci pregiate dall’India, dei carichi di cotone, dei trafficanti di spezie e
schiavi, dei conquistatori turchi ed egizi, dei coraggiosi guerrieri che
hanno lottato per l’indipendenza contro gli inglesi, nulla: ogni cosa si è
dissolta nel completo nulla.
Si andrà a Suakin, forse, a consumare una bevanda, un tea alla menta o un
carcadè, in locali puliti, con il vantaggio di un’aria condizionata
funzionante.
Nessuno rimpiangerà la bettola cadente a ridosso delle feluche tirate in
secco lambite dalla risacca, dove si mangiava pesce fresco fritto osservando
antiche rovine, ascoltando i silenzi assolati, il gracchiare dei corvi e i
richiami dei nibbi: la sola voce di tutti i fantasmi.
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